Il plasma ricco di piastrine (PRP)



L’epicondilite colpisce l’1 – 2 % della popolazione generale con pari distribuzione tra uomini e donne. Si verifica principalmente nella quarta-quinta decade di vita, tra i 35 ed i 50 anni.
Sebbene nella maggior parte dei casi sia difficile identificare una chiara causa, ogni attività che coinvolge l’utilizzo continuo e ripetitivo dei muscoli che servono a ruotare l’avambraccio esternamente o a estendere il polso possono contribuiscono a questa condizione. Obesità e fumo sono stati riportati come fattori di rischio importanti.

Il trattamento non-chirurgico è la prima linea, con percentuali di successo fino al 90-95% dei casi, in un tempo variabile tra i 6 e i 12 mesi.
Questo prevede una fase di attacco iniziale volta al controllo del dolore mediante modifica delle attività di riposo, ghiaccio, tutori, anti-infiammatori orali e/o trattamento con cortisone.

Una tecnica recente utilizzata nel trattamento delle tendinopatie di gomito è sicuramente il PRP (Platelet-Rich Plasma).
Il plasma arricchito di piastrine è un concentrato del proprio sangue ed una volta preparato ha la consistenza di un gel.

Vari studi hanno mostrato un effetto positivo sulla guarigione tendinea dovuto alle proprietà anti-infiammatorie delle piastrine ed alla capacità di rilasciare numerose molecole chiamate “fattori di crescita” che agiscono per accelerare la riparazione delle ferite e rigenerazione i tessuti danneggiati.

Una recente revisione della letteratura ha preso in considerazione 9 studi che valutavano l’effetto del trattamento dell’epicondilite con PRP. Di questi in 4 studi su 6 si ha avuto un miglioramento significativo del dolore, mentre in 3 su 6 un miglioramento funzionale.
Recentemente sono stati pubblicati altri 3 studi che hanno evidenziato come il trattamento con PRP riduce il dolore con progressivo miglioramento tra 2 e 6 mesi.
Nonostante alcuni risultati siano promettenti nessuna forte raccomandazione in merito all’uso delle terapie biologiche può ancora esser considerata definitiva. Molti punti restano ancora da chiarire. Non bisogna dimenticare che la storia naturale della patologia in esame porta spesso ad una spontanea risoluzione dei sintomi seppur in un lungo arco di tempo (tra 6 mesi e 3 anni).


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