Le rotture del capo distale del bicipite avvengono più frequentemente a carico dell’arto dominante di maschi attivi tra i 40 ed i 60 anni, ma sono state riportate in soggetti di ogni età. In particolare la maggioranza dei casi si presenta in adulti lavoratori manuali e giovani atleti coinvolti in sport di contatto o bodybuilders. L’incidenza è di 1.24 rotture su 100000 pazienti/anno, con un’età media al momento del trauma di 47 anni. L’arto dominante risulta esser coinvolto nell’86% dei casi, mentre i fumatori hanno un rischio di 7.5 volte più elevato di tale rottura rispetto ai non fumatori. Infatti l’azione vasocostrittrice e deossigenante della nicotina è implicata nella degenerazione del tendine distale del bicipite. Anche l’utilizzo di steroidi anabolizzanti è stato associato ad un incremento di rischio di rotture, verosimilmente per l’induzione dell’alterazione delle componenti delle fibre tendinee, causando una minor resistenza del tendine.
La patogenesi delle rotture del capo distale del bicipite non è del tutto chiara. Il meccanismo più frequente è un carico inaspettato sul bicipite brachiale, con uno sforzo del gomito in posizione di estensione; questo comporta un avulsione completa del tendine alla sua inserzione distale, a livello della tuberosità del radio. Altre teorie supportano anche fenomeni di ipovascolarizzazione in questa regione.
Valutazione diagnostica
Le rotture del capo distale del bicipite sono classificate in parziali o complete a secondo della porzione di tendine leso.
I pazienti riportano una sensazione di “schiocco” doloroso al momento del trauma e descrivono una sensazione di strappo improvviso nella regione anteriore del gomito seguita da un dolore sordo. I sintomi caratteristici sono dolore e riduzione della forza nella flessione del gomito, e nei movimenti di rotazione dell’avambraccio. Inoltre i pazienti si presentano con gonfiore e un vasto ematoma nella regione del distacco del tendine. Una rottura completa si presenta anche con una retrazione del ventre muscolare ed un profilo anormale del muscolo bicipite.
Quando si sospetta una rottura del bicipite bisogna sempre distinguerla da altre cause di dolore nella regione anteriore del gomito, come borsiti cubitali, tendiniti del bicipite, o sindrome del nervo cutaneo laterale dell’avambraccio. Un test che viene spesso eseguito è il test della spremitura. Il bicipite brachiale viene spremuto ottenendo una supinazione dell’avambraccio se il tendine è intatto. La diagnosi di rottura può esser confermata con una risonanza magnetica.
Un altro test è quello dell’uncino dove il paziente mentre flette attivamente il gomito a 90° con l’avambraccio mantenuto con il palmo della mano verso l’alto, l’esaminatore usa un dito come uncino inserendolo sotto il margine laterale del tendine del bicipite tra il tendine del bicipite stesso ed il muscolo. Se il tendine è intatto l’esaminatore può inserire completamente un dito 1 cm sotto il tendine.
Un esame radiografico permette di escludere un’avulsione della tuberosità bicipitale del radio. La risonanza magnetica può confermare una rottura parziale o totale ma la diagnosi è fondamentalmente clinica. La risonanza risulta più utile nella valutazione della retrazione tendinea nel caso delle rotture croniche. L’ecografia ha dimostrato di esser un mezzo diagnostico valido ed economico, ma è operatore dipendente.
Ematoma per distacco del Tendine Bicipite Distale
Trattamento
Trattamento Conservativo
Il trattamento conservativo di una rottura completa del tendine viene di solito riservato a pazienti anziani e con scarsa richiesta funzionale. L’aspetto estetico del muscolo retratto e la ridotta forza e resistenza sono i motivi che più frequentemente portano il paziente a richiedere un trattamento chirurgico. Le rotture parziali vengono inizialmente trattate conservativamente con FANS e fisioterapia, ma i risultati funzionali e soggettivi suggeriscono anche in questi casi un trattamento chirugico.
Trattamento chirurgico
Le attuali tecniche di fissazione prevedono sostanzialmente quattro metodi diversi:
- fissazione endomidollare con sutura transossea
- fissazione con ancore
- fissazione endomidollare con bottone corticale
Nessuna di queste tecniche è scevra di rischi di complicazione legate all’accesso. Le complicanze sono principalmente di due tipi: calcifiche con riduzione della mobilità articolare o nervose a carico del nervo cutaneo laterale, del nervo interosseo posteriore o del nervo radiale.
Trattamento post-operatorio
Dopo l’intervento il gomito viene protetto con un supporto per una o due settimane al fine di favorire i processi riparativi iniziali e il riassorbimento dell’edema, anche se sin dall’inizio sono concessi cauti e graduali movimenti.
Successivamente proseguono esercizi di mobilizzazione articolare attiva. Esercizi di rinforzo muscolare non iniziano prima di 2 mesi e attività pesanti dopo i 4-5 mesi.
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